Music

Ralph Waldo Emerson

 

Let me go where’er I will

I hear a sky-born music still;

It sounds from all things old,

It sounds from all things young,

From all that’s fair, from all that’s foul,

Peals out a cheerful song.

It is not only in the rose,

It is not only in the bird,

Not only when the rainbow glows,

Nor in the song of woman heard,

But in the darkest, meanest things

There alway, alway, something sings.

‘Tis not in the high stars alone,

Nor in the cup of budding flowers,

Nor in the redbreast’s mellow tones,

Nor in the bow that smiles in showers,

But in the mud and scum of things

There alway, alway, something sings.

Musica

Ralph Waldo Emerson

 

Lasciami andare ovunque io possa

Ascoltare la genesi della musica ancora;

Suona da tutte le cose passate,

Da tutte le cose nuove suona

Da quelle fatate, da quelle putride,

Una canzone fluisce gioiosa.

Non è condizione solo nella rosa

Non solo nell’uccello è requisito

Non solo quando l’arcobaleno si posa

Neppure è udibile nel femminile accento

Ma nelle cose più misere, nel buio profondo

Lì, l’incanto qualcosa indica, l’incanto.

Non è tra le altezze solitarie delle stelle

Né di fiori in germoglio nel coccio,

Né nei toni melodiosi del pettirosso,

Né nei sorrisi all’aprirsi dell’arco

Ma nella feccia delle cose e nel fango

Lì, l’incanto qualcosa indica, l’incanto.

 

 

Traduzione ©Roberta De Piccoli

Ralph Waldo Emerson fu amico di David Hanry Thoreau, entrambi condivisero l’amore per la natura, interpretandola come l’unico luogo possibile per una partecipazione piena e consapevole all’esistenza: “Andai a vivere nei boschi per succhiare il midollo della vita” è la frase resa celebre anche dal film L’attimo fuggente. Questo inno, a mio parere, lo evidenzia in modo molto chiaro, paragonando l’essenza della musica, intesa come centro della vita universale, a quel succo vitale.

Il mio lavoro di traduzione, anche questa volta (e forse a maggior ragione dato il titolo) si è concentrato più sull’individuazione delle ‘lettere-suono’ che nel rispetto della metrica dei versi originali. Nella versione inglese dominano i suoni delle consonanti r, s, l, n, m e delle vocali o, a-û, u–w. Ho cercato, quindi, di mantenere e di riprodurre la stessa presenza nella traduzione italiana, facendo tuttavia ammenda d’incapacità a offrire uguale dimensione al suono u-w.

Le rime finali di ogni verso, che in inglese sono agevolate dalla funzione puramente fonetica di alcune sillabe, in italiano hanno richiesto alcuni compromessi: inversione di parole e/o frasi nei versi, uso di sinonimi a volte arbitrari per alcuni termini, soluzioni imperfette o tronche.

Per quanto riguarda le figure retoriche, ho posto l’accento sulla solitudine imperativa dell’individualissimo e pleonastico Let me – Lasciami, ricorrendo a una profusione di liquidissime (spesso raddoppiate) ‘l’ distribuite lungo tutto il testo, da me inteso come una sorte di ‘palude’ che offre se stessa come unica via possibile all’esistere, ovvero come un attraversamento necessario a un possibile e opposto brillare.

Nel rincorrersi dei significati metaforici, ho tentato invece di sottolineare il bisogno, espresso come reiterato e periodico dal poeta, di ritorno a quel ‘luogo-non luogo’ originario: una sorta di big-bang informe e imperfetto (gassoso-fangoso-scuro), identificato più per negazioni che per dettagli certi e conosciuto come mitico ma non paradisiaco.

A livello linguistico, avrei voluto trovare una soluzione speciale per alcuni termini ottocenteschi, ma non ci sono riuscita. Segnalo per questo, per la loro particolarità, le contrazioni poetiche di where’re – wherever e ’tis – it is, che nella loro specificità offrono al luogo misterioso una vaghezza maggiore che in italiano; così come il termine alway, nella doppia accezione di sempre e di incanto, sottolinea senza bisogno di spiegazioni la congiuntura poetica tra i due significati (un incantesimo dura per sempre sino a quando non venga pronunciata la formula che lo annienta).

Infine, tra le negazioni retoriche, vorrei far notare l’ironica presenza dell’allegoria della Rosa e dell’Usignolo: una delle narrazioni più classiche e diffuse tra culture di diversa provenienza sulla nascita nella musica-poesia, ma anche uno dei titoli più famosi di Oscar Wilde.- Roberta De Piccoli

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