Da “Revolverate”

di Gian Pietro Lucini

Per chi volli raccogliere

questo mazzo di fiori selvaggi;

stringerli in fascio nel gambo spinoso ed acerbo?

Tutti i fiori vi sono di sangue e di lagrime,

raccolti lungo le siepi delle lunghe strade;

dentro le forre delle boscaglie impervie;

sui muri sgretolati delle capanne lebbrose;

lunghesso i margini che lambe e impingua

il rivolo inquinato dai veleni,

decorso, dal sobborgo, alla campagna.

Tutti i fiori vi son, che, pei giardini urbani e decaduti, tra le muffe ed i funghi, s’ammalan da morirne,

e li altri che sboccian sfacciati e sgargianti,

penduli al davanzale d’equivoci balconi meretrici:

tutti i fiori cresciuti col sangue e colle lagrime ai detriti.

Per chi io canto questi fiori plebei e consacrati

dal martirio plebeo innominato,

in codesto sdegnoso rifiuto di prosodia,

per l’odio e per l’amore,

per l’angoscia e la gioja,

e pel ricordo e la maledizione,

per la speranza acuta alla vendicazione?

Ed è per voi, acefale ed oscure falangi,

uscite da un limbo di nebbie e di fumi,

tra il vacillar di fiamme porporine, in sulla sera,

dai portici tozzi e sospetti di nere officine?

ed è per voi, pei quali non sorride il sole,

schiavi curvi alla terra, che vi porta,

e rinnovate al torneo dell’annata,

ma non vi nutre, vostra?

ed è per voi, pallide teorie impietosite

di giovani, di vecchie e di bambine

inquiete tra la fede e i desiderii,

tra la tentazione della ricca città e il pudor

permaloso della verginità?

Per chi, per chi, questa lirica nuova,

che bestemia, sorride, condanna e sogghigna,

accento sonoro e composto dall’anima mia,

contro a tutti, ribelle e superbo,

in codesto rifiuto imperiale d’astrusa prosodia?…

From “Revolverate” [Revolver shots]

by Gian Pietro Lucini

For whom did I pick

this bunch of wild flowers;

holding them tightly at their thorny green stems?

All flowers are made of blood and tears,

gathered in bushes along endless roads;

within gorges of arduous brush;

on crumbling walls of leprous huts;

along banks on which wets and swells

the poisonous polluted rivulet,

flowing, from the suburbs, to the country.

There are flowers , which, in decadent urban gardens, among mold and fungi, wither and die,

and others which bloom sassy and shimmering,

spilling over sills of equivocal promiscuous balconies:

flowers, all nurtured with blood and debris tears.

For whom do I sing these flowers plebeian and sanctified

by the martyrdom of the anonymous plebs,

in this disdainful refusal of prosody,

for hate and for love,

for anguish and for joy,

and for the memory and the blight,

for the strong desire for vengeance?

And is it for you, acephalous and obscure phalange,

escaped from a limbo of fog and smoke,

among the wavering  vermilion flames, in the night,

from small suspicious vestibules of factories black?

and is it for you, for whom the sun never smiles,

slaves bowed to the land, which brings you,

and renews its perils year after year,

but fails to feed you, yours?

and is it for you, pale pitiful theories

of the young, the old, and the daughters

restless between faith and their desires,

between the lure of the rich city and the prickly

reserve of virginity?

For whom, for whom, is this new lyric,

which curses, smiles, condemns and grins,

sonorous and composed accent of this soul of mine,

against all, rebellious and proud,

in this imperial refusal of abstruse prosody?…

Translation by ©Matilda Colarossi